Il raddoppio dei termini di accertamento per i redditi prodotti all'estero: una questione ancora aperta

DA Elenio Bidoggia01 settembre 2021

Gli opposti pronunciamenti delle Sezioni V e VI della Suprema Corte hanno riportato all’attualità la questione interpretativa delle norme sul raddoppio dei termini di accertamento per i redditi prodotti all’estero.

Il comma 2 dell’art. 12 del D.L. 01/07/2009, n. 78 ha introdotto una presunzione legale relativa, secondo la quale “in deroga ad ogni vigente disposizione di legge” gli investimenti e le attività estere di natura finanziaria detenute nei cd. Paesi black list[1] in violazione degli obblighi dichiarativi[2]si presumono costituite, salvo prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione”.

Il comma 2-bis[3] stabilisce che “per l’accertamento basato sulle presunzioni di cui al comma 2” i termini di accertamento ai fini delle imposte dirette[4] e dell’IVA[5]sono raddoppiati”.

Il comma 2-ter, a sua volta, stabilisce che per le violazioni in tema di monitoraggio fiscale[6]riferite agli investimenti e alle attività di natura finanziaria di cui al comma 2, i termini di cui all’art. 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, sono raddoppiati”.

Mentre appare definitivamente acclarata la natura sostanziale della presunzione legale contenuta nel comma 2 e dunque la sua inefficacia retroattiva[7], la Suprema Corte si è pronunciata in maniera ondivaga sulla natura dei commi 2-bis e 2-ter.

Tralasciando la giurisprudenza di merito, dove il contrasto è ugualmente riflesso[8], la Suprema Corte ha concluso, talvolta per la natura procedimentale dei commi 2-bis e 2-ter (e quindi per l’applicazione retroattiva del raddoppio dei termini anche a periodi di imposta antecedenti il 2009), talaltra per quella sostanziale.

Secondo un primo orientamento, condiviso da Cass. civ., sez. VI, del 28/11/2018, n. 30742; Cass. civ., sez. trib., del 02/10/2019, n. 24552; Cass. civ., sez. trib., del 14/11/2019, n. 29632; Cass. civ., sez. VI, del 06/02/2020, n. 2804; Cass. civ., sez. VIdel 26/06/2020, n. 12745: 

Hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio "tempus regit actum", le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l'omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all'estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d'imposta precedenti alla loro entrata in vigore, quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all'art. 12, comma 2”.

Secondo un contrapposto orientamento, condiviso da Cass. civ., sez. trib., del 21/12/2018, n. 33223; Cass. civ., sez. trib., del 30/01/2019, n. 2562; Cass. civ., sez. VI, del 25/02/2019, n. 5471; Cass. civ. sez. VI, del 02/10/2020, n. 21018 (enfasi nostra):

Al fine di delineare l'ambito di applicazione di tale ultima norma, che pone, in favore del fisco, una più favorevole presunzione legale relativa di evasione con inversione dell'onere della prova a carico del contribuente e raddoppio dei termini di accertamentosi impone di verificare se essa abbia natura sostanziale o meramente procedimentale.

L'interpretazione seguita dalla Agenzia delle Entrate, che consente di estendere i termini di decadenza per la notifica degli avvisi di accertamento sulla base del D.L. n. 78 del 2009, art. 12, anche ad anni di imposta anteriori a 2010, si pone, in realtà, in evidente contrasto con la L. n. 212 del 2000, l'art. 3, il quale ha codificato nella materia fiscale il principio generale di irretroattività delle leggi stabilito dall'art. 11 preleggi, salvo che questa non sia espressamente prevista (Cass. n. 5015 del 2/4/2003; n.

25722 del 9/12/2009).

La esclusione dell'applicazione retroattiva delle disposizioni normative trova, infatti, giustificazione nella esigenza di salvaguardare principi fondamentali del nostro ordinamento, quali la certezza del diritto, il principio del legittimo affidamento e quello di ragionevolezza, nonché i principi contenuti nella Costituzione, quali il diritto alla difesa ed il principio di capacità contributiva. E per tale ragione al divieto di irretroattività fanno eccezione solo le norme dichiaratamente interpretative, che sono esplicitamente qualificate tali dal legislatore.

… le disposizioni di cui al D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2-bis, pur collocandosi nell'ambito di una disciplina di carattere procedimentale, esplicano effetti sostanziali in punto di determinazione del reddito e influiscono direttamente sul rapporto tributario sostanziale. ….

La irretroattività del D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2-bis, comporta … che non possa trovare applicazione, con riguardo agli anni di imposta 2005, 2006 e 2007, il raddoppio dei termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, introdotto dal D.L. n. 78 del 2009, art. 1, comma 2-bis”.

Per dirimere il contrasto interpretativo in seno alla Suprema Corte sulla natura del comma 2-bis, in un procedimento avanti la sez. VI è stata richiesta di rimessione della questione alle SS.UU. civili. ex art. 376, comma 2, c.p.c. [9]

Con provvedimento del 16 marzo 2021 il Primo Presidente ha rigettato il ricorso, rimettendo il fascicolo alla sezione VI per ogni valutazione di competenza.

Secondo il Primo Presidente, “anche ammettendo l’esistenza di un possibile dissenso sull’interpretazione della norma, ciò non si traduce necessariamente in un contrasto tale da rendere necessario l’intervento delle Sezioni Unite”.

Il contrasto interpretativo rimane aperto.

 


 

 

[1] L’art. 12, comma 2, fa riferimento agli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui ai decreti del Ministro delle Finanze in data 4 maggio 1999 e 21 novembre 2001.

[2] Si tratta degli obblighi di dichiarazione previsti ai fini del cd. monitoraggio fiscale dall’art. 4 del D.L. 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.

[3] I commi 2-bis e 2-ter sono stati introdotti ad opera dell’art. 1, comma 3, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 febbraio 2010, n. 25

[4] Art. 43, primo e secondo comma, DPR 29/09/1973, n. 600.

[5] Art. 57, primo e secondo comma, DPR 26/10/1972, n. 633.

[6] Art. 4, commi 1, 2 e 3, del D.L. 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.

[7] Da ultimo, Cass., sez. trib., ord. n. 6154 del 5 marzo 2021, secondo la quale “in tema di accertamento tributario, sebbene la presunzione di evasione sancita dall'art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, con riferimento all'omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non sia suscettibile di essere applicata retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (prevista dal 1 luglio 2009), stante la natura sostanziale e non procedimentale delle presunzioni, l'ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) "sub specie" di presunzione semplice”.

[8] Tra le tante, v., per la natura procedimentale Comm. Trib. Reg. Milano, sez. III, 12/10/2020, n. 2284; per la natura sostanziale Comm. Trib. Reg. Milano, sez. XVI, 02/07/2020, n. 1452.

[9] L’art. 374, comma 2, c.p.c. stabilisce che “il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici”.

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