1. Sospensione della presentazione delle istanze di fallimento e delle dichiarazioni d’insolvenza (art. 10)
Dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020 i creditori non possono domandare la dichiarazione di fallimento dei debitori, né il debitore può chiedere il proprio fallimento (art. 15, l. fall.).
Nello stesso periodo non può essere dichiarata l’insolvenza per l’apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa (art. 195, l. fall.) o di quella di amministrazione straordinaria (art. 3, d.l. n. 270/1999).
Se venissero presentati, i ricorsi sarebbero improcedibili: tra l’opzione di accogliere i ricorsi, differendone l’istruttoria dopo il 30 giugno o di bloccare il loro deposito, il legislatore ha scelto la seconda per tutelare le imprese, che possono essere incolpevolmente travolte dall'emergenza Covid-19 e dal blocco delle attività economiche.
La ratio dell’art. 10 è, infatti, quella di evitare l’apertura di procedure fallimentari viziate dall'emergenza Covid-19 e cioè da fattori estranei all'impresa che ben potrebbero giustificare i suoi inadempimenti. La sospensione evita peraltro di gravare gli uffici giudiziari, già in difficoltà, liberandoli dal dovere di accertare la condotta e la responsabilità del debitore.
Fa eccezione – per evidenti ragioni di ordine pubblico - la richiesta di fallimento presentata dal Pubblico ministero (art. 7, l. fall.), a condizione che domandi l’emissione di misure cautelari o conservative a tutela del patrimonio o dell’impresa debitrice (art. 15, comma 8, l. fall.).
Gli interessi del debitore sono bilanciati dai diritti dei creditori: l’art. 10 stabilisce infatti che il periodo di sospensione dal 9 marzo al 30 giugno 2020 non si calcola con riferimento all'anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, entro cui l’imprenditore può essere dichiarato fallito (art. 10, l. fall.) e con riferimento al termine per l’avvio delle azioni revocatorie fallimentari (art. 69-bis, l. fall.).
In quest’ultima ipotesi, al termine di decadenza triennale dalla data del fallimento si aggiungerà il periodo 9 marzo – 30 giugno 2020 e così al termine di prescrizione quinquennale dalla data del compimento dell’atto.
2. Proroga dei termini per i concordati preventivi e per gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 9)
Il D.L. 23 è intervenuto sulle procedure di concordato preventivo e sugli accordi di ristrutturazione dei debiti per evitare che l’emergenza pregiudichi fattibilità e adempimento dei piani e degli accordi, prima e dopo l’omologazione.
L’art. 9 prevede cinque interventi:
2.1. Proroga dell’adempimento per i concordati/accordi omologati (art. 9, comma 1)
I termini di adempimento, che scadono tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 dicembre 2021, sono prorogati di sei mesi.
La proroga è automatica, opera ex lege.
Il riscadenziamento dei termini dovrà rispettare le classi ed i diritti di prelazione dei creditori come previsti nel piano o nell’accordo originari.
Il tempo così guadagnato protegge il concordato dal pericolo della risoluzione per inadempimento prevista dall’art. 168, l fall., quando l’inadempimento sia dovuto all'epidemia corona virus.
2.2. Nuova proposta concordataria o nuovo accordo a causa della situazione di emergenza (art. 9, comma 2)
Nei procedimenti di omologazione pendenti alla data del 23 febbraio 2020, siano relativi al concordato preventivo o agli accordi di ristrutturazione, il debitore può domandare al tribunale la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per depositare una nuova proposta di concordato, con un nuovo piano (art. 161, l. fall.) ovvero per presentare un nuovo accordo di ristrutturazione (art. 182-bis, l. fall.).
L’istanza si deposita entro l’udienza fissata per l’omologazione; il tribunale provvede con decreto alla fissazione del nuovo termine e questo termine non è prorogabile.
La
domanda di concessione del termine è inammissibile se viene proposta dopo che all'adunanza dei creditori ex art. 171, l. fall., non si è raggiunta la maggioranza per l’approvazione del concordato (art. 177, l. fall.).
Nel silenzio della legge, il nuovo piano dovrà essere accompagnato dall'integrazione dell’attestazione di fattibilità ex art. 161, comma 3, l. fall. e, l’accordo, dall'integrazione della relazione sull'attuabilità, ex art. 182-bis, comma 1, l. fall.
Pare necessaria la convocazione di una nuova adunanza dei creditori per l’approvazione della nuova proposta, con sospensione nel frattempo del procedimento di omologa.
Se non si ritenesse necessario un rinnovato voto dei creditori, il commissario giudiziale, preso atto della modificazione delle condizioni di fattibilità del piano dopo l’approvazione del concordato, dovrà informarne i creditori, affinché si possano costituire nel giudizio di omologazione, se intendessero modificare il voto ex art. 179, comma 2, l. fall.
2.3. Differimento di sei mesi dei termini di adempimento previsti nella proposta di concordato o nell'accordo di ristrutturazione (art. 9, comma 3)
Nell'ambito dei procedimenti di omologazione, se l’emergenza Covid-19 imponesse di modificare i termini di adempimento del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione, il debitore può domandare al tribunale il loro differimento per non oltre sei mesi rispetto alle scadenze originarie.
La domanda, sotto forma di memoria, può essere depositata sino alla data dell’udienza fissata per l’omologazione, corredata dei motivi che la giustificano e della documentazione, che attesti la necessità/opportunità del differimento.
Con la domanda si devono proporre i nuovi termini di adempimento.
Il tribunale provvede dopo aver acquisito il parere del commissario giudiziale; non è necessaria l’approvazione dei creditori.
Se accoglie la richiesta, il tribunale omologa il concordato o l’accordo, dando espressamente atto delle nuove scadenze.
Le altre condizioni del piano e dell’accordo restano invariate.
2.4. Differimento del termine per l’integrazione della documentazione nei concordati c.d. in bianco (art. 9, comma 4, l. fall.)
La misura consente al debitore, che abbia presentato la domanda di concordato e che abbia già ottenuto la proroga dei termini per integrare la documentazione ex art. 161, comma 6, l. fall., di beneficiare di un’ulteriore proroga, non superiore a 90 giorni, per depositare la proposta di concordato, il piano e la relativa documentazione.
L’istanza si presenta entro la scadenza della prima proroga (ndr. quella ex art. 161, comma 6, l. fall.); il debitore deve allegare gli elementi che rendono opportuna la concessione della proroga, facendo specifico riferimento a fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica Covid-19.
L’istanza non è impedita dalla presentazione dell’istanza di fallimento.
Il tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale (se nominato), accoglie con decreto la domanda quando ritiene sia fondata su concreti e giustificati motivi.
Il decreto è reclamabile alla corte d’appello, ai sensi del quinto comma dell’art. 161, l. fall.
Restano applicabili i commi 7 e 8 dell’art. 161, l. fall.: in forza del primo, il debitore può compiere gli atti di ordinaria amministrazione e quelli di straordinaria, questi ultimi, se urgenti e previa autorizzazione del tribunale; in forza del secondo, sono mantenuti gli obblighi informativi mensili a carico del debitore sotto la vigilanza del commissario giudiziale.
2.5. Differimento del termine per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione del professionista (art. 9, comma 5, l. fall.)
La proroga di novanta giorni, prevista dal comma 4, si applica al termine assegnato al debitore per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione del professionista previsto dall'art. 182-bis, comma 7, seconda parte, c.p.c.
Anche in questo caso l’istanza si presenta entro la scadenza del termine (non superiore a sessanta giorni) già assegnato dal tribunale con il decreto che inibisce l’inizio o la prosecuzione di azioni cautelari o esecutive e l’acquisizione di titoli di prelazione non concordati.
Anche in questo caso, l’istanza deve allegare i concreti e giustificati motivi collegati all'emergenza epidemiologica, che giustificano la richiesta di proroga, nonché confermare la persistenza dei presupposti per raggiungere l’accordo di ristrutturazione.
Il tribunale decide in camera di consiglio, senza dover rispettare gli adempimenti previsti dalla prima parte del comma 7 dell’art. 161, l. fall. e cioè senza dover fissare un’apposita udienza.
Il decreto è reclamabile alla corte d’appello, ai sensi del quinto comma dell’art. 161 cit.
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Un approfondimento eseguito con Renzo Misitano, Direttore dell’Area Sviluppo Immobiliare di DeA Capital Real Estate SGR S.p.A., contenuto ne “Le smart cities al tempo della resilienza” a cura del Prof. Giuseppe Franco Ferrari, Mimesis Edizioni, 2021.
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Cassazione: la SPV può contestare al debitore il proprio difetto di legittimazione passiva quanto alle domande riconvenzionali proposte contro di essa o l’inammissibilità della compensazione dei crediti del debitore verso il cedente.